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A Mariotto, un piccolo paese della Puglia, sta per svolgersi la tradizionale Via Crucis del Venerdì Santo, quando l’interprete di Gesù, il parrucchiere Michele, si siede sulla corona di spine e si ferisce.

Toccherà a Jusuf, di religione musulmana a portare sulle sue spalle la croce del Cristo. Ma è l’inizio di un vero e proprio Calvario: la storia fa il giro del mondo ed il paese si spacca in due, tra sostenitori e calunniatori. 

Ad Arene di Roma è lo stesso regista Mimmo Mancini a spiegare come è nata l’idea di questo film: «Nell’estate del 2005 ero a Bitonto, il mio paese d’origine a pochi chilometri da Bari, a bere con alcuni amici dell’ottimo Primitivo nella città vecchia. Con noi, c’erano due marocchini perfettamente integrati  – tanto che parlavano con una perfetta cadenza dialettale. Mi colpì la loro voglia di far parte del gruppo e la naturale capacità dei miei amici di farli sentire italiani. A nessuno di noi sarebbe venuto in mente di dire. “Ah, ma sono musulmani!”. Il giorno successivo assistei ad una processione sacra. Due degli amici incontrati la sera precedente portavano in spalla la statua di un santo. Una strana idea mi fece sorridere. “E se accanto a uno dei due italiani, chiari e cattolici, ci fosse uno dei due marocchini, scuro e musulmano?». Magari per un’emergenza, per sostituire un amico. Sarebbe mai venuto in mente a qualcuno di dire: “Sacrilegio! Quello è un musulmano!” Da lì nacque l’idea per “Ameluk”: ambientare in un piccolo centro, tra gente semplice, l’eterna diatriba tra cristiani e infedeli” in tutte le sue declinazioni, dal drammatico al comico».